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Feb 17 2021

Innovare e creare un nuovo segmento di mercato. Il caso Honda X-ADV

Questo articolo è una case history nata da un’intervista a Daniele Lucchesi, manager di R&D Europe di Honda e “papà” di Honda X-ADV, moto rivoluzionaria, definita “il primo SUV a due ruote”.

La presentazione dell’aggiornamento 2021 della Honda X-ADV è l’occasione per pubblicare questo articolo.

Honda Motorcycles è considerata una delle aziende di maggior successo, qualità e capacità di innovazione al mondo nel mercato delle due ruote.

Per diversi anni, l’azienda aveva cercato di introdurre un prodotto innovativo in questo settore, in grado di soddisfare un nuovo bisogno. Diversi tentativi erano andati a vuoto, riducendo la percezione da parte dei clienti di essere “azienda innovativa”. Nonostante le ricerche e le analisi dei dati, l’azienda non era riuscita a proporre qualcosa che rispondesse a bisogni concreti del cliente. E che fosse anche numericamente rilevante.

Tutto questo finché un manager di Honda R&D Europe, Daniele Lucchesi, si è imbattuto in un’avventura personale “problematica”. Daniele ha trasformato questa avventura in un’opportunità e in un prodotto di successo a livello mondiale, con passione, competenza, determinazione e ispirandosi al desiderio di “espandere la gioia del cliente”.

È nata così la Honda X-ADV, un modello che sfugge a categorie pre-esistenti e che ha creato un nuovo segmento, che possiamo per semplicità definire uno scooter “adventure”. Un prodotto-segmento che si è rivelato subito appetibile se, ad esempio, consideriamo i dati di vendita, l’impatto sulla percezione della marca e i nuovi concetti che la concorrenza ha introdotto successivamente.

Honda X-ADV 2021
2021 HONDA X-ADV

L’importanza di creare nuovi prodotti

Creare nuovi prodotti di successo, soprattutto creare nuovi mercati, è un’ambizione di molte aziende. Rappresenta una sfida che, se colta con successo, è in grado di far uscire dagli ambiti competitivi ristretti in cui nella maggioranza dei casi operano le aziende.

Non è un caso che l’innovazione sia un driver decisivo nei mercati attuali e che le aziende considerino l’innovazione una condizione indispensabile in mercati sempre più competitivi, esigenti, imprevedibili e incerti.

Il lancio di Honda X-ADV, le cui vendite sono cominciate ad inizio 2017, rappresenta un caso interessante in termini di percorso di innovazione. È interessante anche per l’approccio alla situazione, per le attitudini e per le modalità, dal concepimento al lancio, ai risultati.

È sempre difficile, se non impossibile, definire una relazione causa-effetto tra caratteristiche di un processo di innovazione e successo di mercato.

Ci sono alcuni aspetti di processo che, nel caso di Honda X-ADV, sembra abbiano favorito il conseguimento di un risultato al di là delle aspettative.

Honda X-ADV è in effetti una case history che offre spunti di riflessione sul modo in cui sviluppare nuovi prodotti. È una riflessione sull’importanza che il processo, nelle sue varie fasi, sia strutturato e allo stesso tempo sia guidato da un’attitudine basata sull’immaginazione, sull’esplorazione delle possibilità, sia nella generazione del problema che delle soluzioni.

Un’orientamento alla capacità di integrare diversi punti di vista, di non giungere immediatamente a conclusioni. Questa attitudine può condurre alla creazione di un segmento completamente nuovo, fino al rilancio del settore di appartenenza e alla scoperta che, a volte, “la saturazione del mercato è un concetto falso, generato da un certo modo di vedere le cose.”

Si tratta di un processo con alcuni requisiti in termini di sequenza e in termini di rapporto tra chi si approccia all’innovazione e la situazione o il problema che si intende affrontare.

In particolare, alcuni aspetti hanno caratterizzato il percorso di innovazione che ha portato alla nascita di Honda X-ADV:

  • chiarezza sul futuro che si immagina
  • desiderio, entusiasmo e passione nel volerlo costruire
  • strutturazione e sistematicità del processo di innovazione e sviluppo
  • attenzione (a) e centralità del cliente
  • curiosità e capacità di “vedere” contaminazioni tra prodotti e categorie differenti
  • ricerca di alternative e prospettive nuove
  • capacità di ascolto, apertura e disponibilità
  • attitudine e pratica di sperimentazione
  • orientamento al gioco, che riduce la tensione e favorisce il fatto di essere più intuitivi e più creativi
  • fiducia coniugata con un approccio solution-based e data-based
  • armonia del gruppo di lavoro che interviene nelle diverse fasi di lavoro.

Dal problema all’idea

Il percorso che ha portato alla Honda X-ADV è nato da una difficoltà tecnica nel corso delle vacanze estive di Daniele Lucchesi in Grecia del 2013. Nelle sue parole:

“Ad Agosto 2013 ero sull’isola greca IOS e ho affittato uno scooter: volevo raggiungere la spiaggia di Manganari, ma mi sono scontrato con la difficoltà di fare un certo percorso per giungere fino alla spiaggia. Avevamo il timore di rimanere bloccati e non riuscire a procedere oltre nel tragitto che avevamo scelto. In quel momento ho pensato: ‘se solo potessi avere uno scooter che mi consentisse di fare un po’ di fuoristrada. Adesso torno in ufficio e lo faccio’. C’è stata in me una parte di pazzia: da quella difficoltà volevo far nascere qualcosa su cui lavorare appena fossi rientrato in ufficio.

“In fondo avevo sempre desiderato lavorare su un’idea del genere. Io amo le moto, ma mi rendevo conto che in inverno una certa scomodità (ad esempio per la pioggia) mi impediva un utilizzo pieno e continuo del mezzo.”

La difficoltà incontrata su un’isola della Grecia ha rappresentato il punto di avvio per un percorso di sviluppo di successo, in grado di smontare la percezione che il mercato delle due ruote fosse saturo.

La “creazione” del problema

“Non ho dato risposta ad un problema, ma ho creato un problema, ho trovato un nuovo problema a cui dare una nuova risposta.

A me piacciono molto i numeri, analizzarli e mettere insieme diversi segmenti.

A questo proposito, il prodotto T-Max, lanciato da Yamaha con successo molti anni prima, era riuscito a coniugare lo scooter con il “super-sportivo”, offrendo agli scooteristi la possibilità di fare esperienza sportiva. È un prodotto che ha dato a persone che venivano dagli scooter, e che non volevano l’impegno che una moto comporta, la possibilità di godersi la sportività.

L’inizio del percorso e l’assegnazione di un budget dedicato

“I giapponesi ti danno sempre la possibilità di sperimentare con progetti che nascono da proposte locali. Ogni anno c’è spazio per un paio di progetti sperimentali, che rappresentano il nostro modo “locale” di vedere o interpretare alcuni fenomeni.

“Non è semplice iniziare a lavorare su un progetto di questo tipo. La casa madre riceve ogni anno proposte da tutti i centri design Honda del mondo: ad esempio Thailandia e Vietnam. Quando il mio progetto è stato portato in Giappone, si è scontrato con tanti altri progetti. Inoltre, quell’anno non avevamo neanche l’obiettivo di lavorare sugli scooter.”

“Ho presentato l’idea in azienda, ma non era immediatamente chiaro che cosa volessi realmente creare. Sono stati necessari circa cinque mesi di presentazione, per spiegare la mia idea di Adventure Scooter, adeguatamente sostenuta da dati di mercato.

“Ho iniziato a preparare alcune presentazioni e produrre dati, numeri a supporto. Ho anche introdotto esempi di altri settori (ad esempio quello degli orologi), per evidenziare come fosse possibile contaminare concetti esistenti e creare qualcosa di nuovo. Normalmente mi diverto e sono incuriosito da qualsiasi cosa e sulla possibilità di replicarla nel mio settore. Non era facile spiegare che il prodotto che avevo immaginato poteva essere un competitor di Yamaha T-MAX, e allo stesso tempo un prodotto completamente diverso. Utilizzando i dati di mercato, avevo dimostrato che in termini di segmenti di mercato, il cliente-tipo era simile a quello di T-MAX, pur essendo i modelli così diversi. Mi sembrava una situazione simile a quella di Vespa e Honda SH: stesso tipo di clienti, ma prodotti diversi. Non era facile neanche interloquire con le vendite, che, all’inizio, consideravano quel percorso ‘tempo perso’.

Dopo numerose volte in cui avevo presentato senza convincere l’azienda ho anche pensato di abbandonare il progetto.”

“Quando lavoravo sul prodotto lo contestualizzavo al problema (ad esempio pensavo che sarei arrivato fino in fondo alla spiaggia dell’isola greca), pensavo che probabilmente molti avevano avuto lo stesso problema e desideravo rendere felici molte persone. Tuttavia, attraverso le sole analisi numeriche non riuscivo a fare progressi. A quel punto, ho chiesto ai designer di generare delle forme visive. Io riuscivo a immaginare un prodotto e desideravo che anche i giapponesi potessero visualizzarlo, questo avrebbe potuto aiutare a sbloccare il processo.

Dopo aver lavorato da solo e presentato 7 o 8 volte ho coinvolto i designer e quello è stato un momento decisivo. A quel punto, dopo circa sei mesi dall’inizio del percorso, il Presidente di allora vide lo sketch e rispose che, pur non avendo ancora completamente chiara la direzione, intuiva che c’era un potenziale. Assegnò un budget al progetto e si passò così alla fase Yamagomori.”

Il momento dell’esplorazione e del lavoro di gruppo

“Venne allora organizzato uno Yamagomori (sketch concentration), nel quale vennero coinvolti 5 o 6 designer.

Nel corso di uno Yamagomori si tracciano le linee guida del progetto, tutti i designer lavorano insieme per una settimana in una location per produrre degli sketch. In quella settimana hanno lavorato tutti con molta armonia. Era tutto come un gioco in cui si può tentare e credo che questo sia un fattore molto importante, che incide sulla qualità del processo e dei risultati.”

Al termine della settimana, il responsabile del concetto, in questo caso Daniele, vede le diverse proposte sviluppate.

“I vari sketch proposti interpretavano il concetto in modo molto differente l’uno dall’altro. Questo è un aspetto positivo ed è importante evitare di dare una direzione troppo precisa ai designer, in modo da lasciare spazio a proposte e idee che il responsabile del concetto (in questo caso io) non aveva immaginato.”

Il rapporto con le proposte di design

“Normalmente si attua un confronto tra quanto è stato visualizzato e le aspettative che si hanno. Le aspettative possono rappresentare una difficoltà: ad esempio, io mi aspettavo qualcosa di leggero, agile (infatti, il mio desiderio era quello di dare a tutti accesso al mezzo), un mezzo più piccolo, agile e stretto.

L’ho guardato e ho detto ‘Non me l’aspettavo così, ma aspetto’. E andavo a guardarlo.

Un ostacolo alla creatività, inoltre, è rappresentato dalla tendenza a guardare subito il lato negativo delle proposte.

A quel punto mi sono preso del tempo per far ‘decantare’ le differenti proposte, senza arrivare subito a conclusioni. Dopo un po’, ho cominciato ad essere d’accordo sulla direzione che poi ha preso, che era differente da come l’avevo immaginata autonomamente.

Ad esempio, ho pensato che fosse molto moderno rispetto a quello che avevo immaginato io. Ho riconosciuto che avesse veramente doti off-road.

Ho visto il valore di un linguaggio che era in grado di esprimere un’idea nuova e allo stesso tempo familiare (quello dei SUV).

Si trattava di un linguaggio molto pulito e mi rendevo conto che quella moto mi avrebbe consentito di arrivare alla spiaggia di Manganari e allo stesso tempo sentirmi sicuro nel farlo.

A quel punto abbiamo fatto il modello in argilla, con l’aiuto del capo del design arrivato appositamente dal Giappone, che giudicò interessante lo sketch, e che a sua volte coinvolse un modellista di grande esperienza dal Giappone e che lavorò sul modello per un mese.”

HONDA X-ADV 2021 alla guida
21YM HONDA X-ADV

Il momento della svolta

“Il momento in cui mi sono accorto della svolta è stato quando, nell’Ottobre 2014, nel corso di una presentazione all’interno di un nostro evento delle vendite, ho presentato il progetto e il pubblico ha risposto con un applauso”.

Nel Novembre 2015 il modello in argilla è stato presentato a EICMA a Milano, e successivamente è partita la fase finale di progettazione e produzione, fino alla vendita cominciata a inizio 2017.

Il ruolo dell’esperienza e l’approccio con i dati

Un aspetto interessante in un percorso di innovazione è rappresentato dal ruolo dell’esperienza e dal rapporto con i dati disponibili.

“L’esperienza è importante nel senso di capire che non ne sai mai abbastanza ed emerge nel modo in cui coniughi quello che sai con quello che non sai.

Di fronte a dati che non tornano, che vanno contro il buon senso, contro l’esperienza, a volte pensi che i dati sono sbagliati, a volte invece è importante utilizzarli per ampliare le visioni, i punti di vista, non bisogna dare niente per scontato. È importante non accontentarsi di risposte superficiali ed avere scetticismo anche nei confronti delle proprie intuizioni.”

Interazione e “ascolto” nel gruppo

“Senza il gruppo non sarei andato da nessuna parte. Io ho messo il seme nella terra, ma prima di vedere il lavoro finale c’è un team, dove tutti hanno la stessa importanza.

È fondamentale l’armonia, lavorare con soddisfazione e felicità. Hai chiara la direzione, sai dove vuoi arrivare, ma ci puoi andare in modi differenti. Condividi con chiarezza il problema: la moto deve andare là, sulla ‘strada sterrata’.”

“All’interno del team, è fondamentale ascoltare tutti con mente libera. Non bisogna subito giudicare qualcosa, mettendola a confronto con quello che si sa già. È necessario ascoltare e farsi delle domande: ad esempio cercare di capire perché vengono fatti certi commenti.

Dalle persone che meno ti aspetti possono provenire spunti di grande importanza. E devi avere fiducia che ognuno farà la propria parte al meglio.”

Determinazione, passione e orientamento al cliente

“Chiunque può portare avanti un progetto e farlo diventare realtà. L’importante è desiderarlo con amore e riuscire a includere i commenti e le considerazioni degli altri. Da solo non vai da nessuna parte. Sono importanti le critiche e gli scetticismi, è importante ascoltare con attenzione e tenere conto anche di ciò che può sembrare negativo.

“Avevo un grande desiderio di fare qualcosa per la Honda, mi sono sentito responsabile per i clienti che sapevano che Honda è in grado di produrre prodotti innovativi.

Avevo il desiderio di fare qualcosa di bello per la Honda e per le persone, un progetto che non avesse niente di negativo per la Honda e per le persone.

Mi domandavo: questa cosa fa felice il cliente finale? E la risposta veniva in modo naturale.

Sono tutte cose che ho capito e appreso sperimentando.

Nonostante le grandi difficoltà, ciò che mi ha fatto andare avanti è stato il desiderio di essere fedele a questo progetto e un grande amore per questa azienda.”

Grazie Daniele.

photo credits: hondanews.eu

Written by Danilo · Categorized: Business Coaching, Business Innovation · Tagged: Innovazione, Management Development, Pensiero Creativo

Giu 01 2020

Aumentare la motivazione, migliorare i risultati.

Soddisfazione, qualità del lavoro e risultati sono connessi alla motivazione individuale. Esistono vari livelli di motivazione, collegati a diversi livelli di energia, entusiasmo e intensità ad alto impatto. La motivazione è anche strettamente collegata all’espressione delle proprie potenzialità. Ma come aumentare la motivazione? E come può essere utile un coaching efficace?

Uno dei compiti fondamentali di un manager consiste nell’assegnare (o negoziare) obiettivi ai collaboratori e successivamente fare in modo che questi obiettivi vengano da essi fatti propri e conseguiti.

In genere gli obiettivi individuali sono definiti partendo dagli obiettivi dell’azienda, successivamente declinati tenendo conto delle caratteristiche e del ruolo di una singola persona.

È raro tuttavia che l’assegnazione di un obiettivo sia di per sé garanzia del fatto che il collaboratore persegua l’obiettivo con la determinazione e l’impegno ottimali.

Anche per questo, è importante la motivazione, ovvero ciò che spinge una persona verso il raggiungimento di uno scopo.

Motivazione “1” e motivazione “2”

Semplificando, consideriamo due livelli di motivazione.

Ad un primo livello è sufficiente una spinta “di routine” a realizzare compiti o attività per conseguire un obiettivo. Chiamo questa spinta motivazione “di base” o “motivazione 1”.

Esiste anche un livello motivazionale ”di potenziale” o “motivazione 2”.

In questo caso, la motivazione ha un quid in più. Una persona ha una spinta ad eseguire la propria attività o a conseguire un obiettivo con un livello energetico aggiuntivo, che va oltre la routine. La motivazione “2” contiene un elemento “magico e invisibile”, che arricchisce le azioni svolte. Mentre svolge le proprie attività, quella persona esprime le proprie potenzialità. 

La differenza tra i due livelli motivazionali consiste nella qualità energetica, nell’entusiasmo e nella forza vitale rivelata nella realizzazione delle attività. 

Vediamo ora come aumentare la motivazione e poi come passare alla “motivazione 2”.

Energia e motivazione per fare qualcosa di grande

Gli aspetti che qui consideriamo aumentare la motivazione sono i seguenti:

  • il livello di autonomia
  • Il senso di avere uno scopo
  • la valorizzazione delle proprie unicità
  • la possibilità di sperimentare.

Quando un manager si impegna a facilitare questi aspetti, accelera l’accesso alla motivazione “2”.

Vediamo i singoli aspetti singolarmente.

Aumentare la motivazione: il livello di autonomia

Un primo aspetto è rappresentato dal fatto che il collaboratore faccia propri gli obiettivi assegnati.

Nel momento in cui si appropria degli obiettivi, la motivazione diventa “intrinseca”: il collaboratore agirà avvertendo come proprio il desiderio di conseguire un certo scopo.

Secondo una ricerca svolta da Gallup, il 30% dei dipendenti dichiara che il proprio manager li coinvolga nella definizione di un obiettivo. E c’è, in questi casi, una probabilità 3,6 volte superiore che essi si sentano motivati.

La motivazione di origine “interna” genera una forza incredibile nel conseguire determinati risultati. Il collaboratore vive con maggiore soddisfazione ciò che sta facendo, lo troverà più interessante e coinvolgente. Si sentirà più creativo, sarà più interessato ad approfondire dati e informazioni disponibili. Sarà più determinato ad affrontare le difficoltà e sentirà che, oltre a svolgere un’attività, si sta realizzando.

Autonomia e assegnazione di un obiettivo. Un’apparente contraddizione

Per aumentare la motivazione “intrinseca” è utile aumentare il grado di autonomia delle persone.

Questo punto è particolarmente delicato, in quanto da un lato gli obiettivi dovranno essere assegnati dal manager e dall’altro è necessaria una certa autonomia. Questo sembra essere contraddittorio.

Come fare?

Quando si tratta di creare una motivazione intrinseca, non è necessaria la completa “libertà di scelta”. Conta invece invece la sensazione di aver partecipato, di aver contribuito alla scelta.

Questo genera un senso di autodeterminazione, anche nei casi in cui la partecipazione riguarda aspetti apparentemente non centrali.

Nella maggioranza dei casi l’autonomia sarà variabile e parziale.

Vari livelli di autonomia

Ci sono situazioni nelle quali è possibile solo un livello contenuto di autonomia. Come fare allora ad aumentare la motivazione?

Se è necessario assegnare sia l’obiettivo sia il modo per raggiungerlo, si può creare una certa partecipazione, invitando il collaboratore a prendere decisioni su alcuni aspetti secondari dell’attività.

Supponiamo, ad esempio, che al dipendente venga richiesto di svolgere più attività, che hanno il medesimo livello di priorità. Il dipendente potrà decidere autonomamente quale attività avviare per prima.

Anche aspetti, apparentemente secondari, generano invece un certo grado di libertà e di motivazione.

Ci sono situazioni che consentono un livello maggiore di autonomia. Ad esempio, può accadere che il dipendente non possa scegliere l’obiettivo, ma la modalità per raggiungerlo.

In questo caso, il dipendente sceglie anche quali capacità mettere in campo, avendo così un maggiore senso di controllo della situazione: aspetto che influenza favorevolmente i risultati che si ottengono.

Spiegare l’importanza di un obiettivo

In ogni caso, è importante spiegare al dipendente perché l’obiettivo assegnato ha un valore. Troppo spesso, i manager si limitano a dire ai loro dipendenti cosa devono fare.

Difficile che ci si impegni fino in fondo se non si capisce perché quell’obiettivo è desiderabile. 

Target

Il senso di avere uno scopo

Il livello di autonomia e l’appropriazione di un obiettivo aprono il tema del “senso di avere uno scopo”. Un collaboratore ha chiaro (sistematicamente e non sporadicamente) che certe sue azioni portano a risultati di valore, che il suo lavoro ha uno scopo e un valore. A volte è sufficiente sapere che le proprie azioni influenzano positivamente gli altri colleghi o la squadra.

Valorizzare le unicità individuali

Il livello di motivazione è anche collegato alla possibilità di avere uno “spazio” di auto-espressione. Tutti hanno un profondo desiderio di mostrare le proprie caratteristiche uniche. Di far emergere le proprie capacità distintive. Di dare un contributo unico all’interno del proprio team o della propria organizzazione. 

C’è una sorta di magia che si realizza quando si esprimono le proprie capacità uniche, una magia che genera un senso di vita che non sempre ha modo di emergere.

Si tratta di un senso di vitalità che soppianta quella sensazione di meccanicismo, a cui molto sono abituati e che avvicina l’uomo al robot, rendendo il robot un candidato migliore per sostituire le attività umane.

È importante che, ai vari livelli professionali, si valorizzino i contributi unici che si apportano, le caratteristiche distintive, facendo sentire le persone a proprio agio nell’essere se stessi.

La possibilità di sperimentare

Per aumentare la motivazione, è utile creare dei momenti e delle situazioni “sicure” in cui le persone possono sperimentare e compiere “errori”: le persone, sapendo di questi momenti, avranno così meno ansie e timori di sbagliare. Oltre vent’anni fa, ho dedicato la mia tesi di laurea al tema “l’errore come stile di management”, che approfondiva la sperimentazione come aspetto fondamentale per lo sviluppo.

Le aree di sicurezza consentono di sciogliere l’impegno dai normali vincoli quotidiani e aprono a scenari inesplorati di creatività. In effetti, quando ci si trova in situazioni di rilassamento e serenità, è più probabile che emergano intuizioni e innovazioni e che le persone crescano professionalmente. E questo impatta sulla motivazione.

Verso la motivazione “2”

Attraverso le modalità descritte, si cominciano a creare le basi per una espressione più completa delle potenzialità dei propri collaboratori, attraverso una più potente motivazione intrinseca.

In questo modo, si cominciano a porre le basi affinché la forza del collaboratore diventi la forza dell’azienda o del gruppo al quale appartengono e affinché, in ultima istanza, essi stessi siano più soddisfatti del loro lavoro e di quello che fanno.

Cosa determina lo stile motivazionale di un manager?

Che cosa influenza l’approccio alla motivazione di un manager? Nella mia esperienza ho potuto riscontrare almeno questi fattori:

  • la stima che il manager ha (più o meno consapevolmente) verso i propri collaboratori. Da notare che spesso la stima ha un effetto auto-avverantesi
  • il livello di esperienza e le attitudini “di partenza” dei propri collaboratori. Se questi ultimi non hanno il desiderio di accedere a nuovi livelli di motivazione, ogni azione rischia di essere inefficace
  • gli effettivi gradi di libertà di un manager, spesso influenzati dall’urgenza del manager: ad alta urgenza si tende a ricorrere ad uno stile più direttivo
  • il proprio stile manageriale, fortemente influenzato dalla storia professionale e dai livelli di consapevolezza.

Dalla motivazione “1” alla motivazione “2”

La motivazione “1” richiede a volte semplicemente un buon sistema incentivante, un capo che conosce le dinamiche emotive delle persone, una certa disponibilità del collaboratore.

La motivazione 2 richiede un impegno preciso di un leader, di un manager, un desiderio del dipendente e, come facilitatore, un coach facilitatore.

Il mondo della motivazione 2 è un mondo trasformativo, su scala differente. È un mondo poco conosciuto, in quanto è conoscibile solo per esperienza diretta.

Il livello 2 conferisce un salto nella qualità di ciò che si fa ed è a questo livello che le “potenzialità” diventano “attualità”.

Il ruolo del coach può essere importante per allenare un manager, un dipendente o un leader alle capacità motivazionali, per aumentare la consapevolezza e per favorire la conoscenza diretta della motivazione “2”.

Un coach efficace, soprattutto se con esperienza manageriale, facilita l’accesso a mondi motivazionali nuovi, a livelli di energia di cui spesso non si è consapevoli.

Un coach facilita l’accesso alla forza reale che si può mettere in campo, aiutando così a rendere la forza di un manager o dei suoi collaboratori la forza dell’azienda alla quale appartengono.

E nel momento in cui si presta la dovuta attenzione ai temi motivazionali, un’azienda diventa più agile, migliora la capacità di risposta, la resilienza e la capacità di realizzare innovazioni.

Written by Danilo · Categorized: Business Coaching · Tagged: Leadership, Management Development, Miglioramento Performance

Nov 20 2017

Miglioramento della performance nella Supply Chain

Il miglioramento della performance nella Supply Chain e Logistica richiede un approccio proattivo e innovativo, basato sul ruolo che questa funzione aziendale (o settore) vuole giocare e su ciò che vuole costruire in futuro, anche grazie alla massimizzazione dell’espressione delle capacità e delle potenzialità manageriali, con un business coaching efficace.

Cambiamenti ad alto impatto

Supply Chain e Logistica, funzioni chiave nell’influenzare la qualità della relazione con i clienti, sono soggetti a cambiamenti forse senza precedenti. Si assiste all’evoluzione del ruolo, delle dinamiche e del valore aggiunto generato. Questi cambiamenti rappresentano una straordinaria occasione per un salto di qualità in termini di approccio al mercato, alle relazioni con le altre funzioni aziendali, alle partnership e alle collaborazioni esterne ai perimetri aziendali. Un approccio che può diventare proattivo e in grado di conciliarsi, allo stesso tempo, con una gestione efficiente del presente.

supply chain logistica performance

Alcune tendenze di mercato spingono ad adottare in misura crescente l’approccio descritto. Vediamole.

Il cliente finale acquista “esperienze”

I clienti finali non acquistano più (solo) un prodotto o un servizio. Esiste un’attenzione crescente all’esperienza complessiva che accompagna il processo di acquisto e il momento di fruizione del prodotto o servizio. Inoltre, il cliente stesso è sempre più nelle condizioni di configurare e progettare in buona parte in autonomia.

Le partnership nel sistema della Supply Chain

Il funzionamento e la qualità dei risultati legati alla gestione della Supply Chain sono sempre più basati sull’avvio di partnership a valore aggiunto.

Crescente automazione e adozione di nuove tecnologie

Un’altra tendenza è rappresentata dall’introduzione di nuove tecnologie nel mondo Supply Chain: ad esempio automazione nei magazzini, monitoraggio e condivisione di dati nella filiera.

Dati e Big Data nella Supply Chain

Già da molto tempo Supply Chain e Logistica sono guidate da indicatori quantitativi di performance. Si assiste oggi alla crescita della quantità e varietà di dati disponibili alle aziende, spesso in tempo reale e in forma non strutturata. Basti pensare ad esempio ai dati, provenienti dai Social Media, relativi a variabili che possono influenzare le vendite.

Il mondo dei Big Data sta arrivando nella Supply Chain, anche se in forme ancora non definite. Ciò che conterà, anche in questo ambito, è il consolidamento di competenze e capacità di gestire una complessità nuova, prodotta da questi dati.

Sostenibilità

La sostenibilità è sempre meno considerata una mera necessità legata ad esigenze di compliance interna e sempre più una variabile chiave per esprimere il ruolo sistemico che l’azienda gioca nel fare business.

L’attenzione alla variabile “sostenibilità”, richiede di ripensare la Supply Chain tenendo conto degli impatti ambientali, a volte con aumento di complessità di gestione complessiva della funzione.

La sfida dell’ultimo miglio

Nell’ultimo miglio si gioca spesso la partita per un elevato livello di servizio e per soddisfare aspettative crescenti del consumatore.

La complessità è aumentata da e-commerce e multicanalità, che possono aumentare i costi operativi, e spingono a nuove soluzione di gestione.

Innovazione nella Supply Chain: occasione di miglioramento della performance

Le tendenze descritte aumentano la complessità della Supply Chain e Logistica e, allo stesso tempo, la loro strategicità. Perché quest’ultima possa esprimersi con massima efficacia, diventa centrale fare leva e dare spazio alle potenzialità di manager e dipendenti che operano in queste funzioni.

L’attenzione si sposta sulle persone, sui manager, sui dipendenti, sui collaboratori coinvolti direttamente ed indirettamente nelle attività di Supply Chain e Logistica. Andare oltre le aspettative diventa imprescindibile. Il Business Coaching può essere di grande aiuto.

Questo articolo è pubblicato in versione integrale sul numero di Settembre/Ottobre 2017 del Magazine TheProcurement.

Immagine: Travel Mania/Bigstock

Written by Danilo · Categorized: Business Coaching · Tagged: Management Development, Miglioramento Performance

Ott 30 2017

Innovazione, dati e migliore qualità decisionale

Maggiori investimenti in nuove tecnologie per avere più dati, generare innovazione, aumentare i risultati di business.

È una sequenza che si ritrova (o almeno si tenta di costruire) sempre più spesso nelle aziende, alimentata dalla facilità di accedere a nuovi dati, in misura esponenziale rispetto al recente passato.

La sequenza descritta non è tuttavia automatica. In altre parole, non è detto che più dati aumentino efficacia e valore delle decisioni strategiche. Non è detto che portino a innovazione o strategie di marketing efficaci.

I dati non sono risposte: rappresentano una chiave per generare domande verso scoperte inattese. Sono una specie di bussola per far emergere il potenziale manageriale e creare il futuro.

Sono una base per costruire territori, opzioni di posizionamento strategico, azioni di sviluppo e innovazione.

Per utilizzare al meglio dati e tecnologie oggi disponibili è importante migliorare la qualità di lettura dei dati, di costruire decisioni strategiche, di sperimentare, apprendere.

Innovazione

Investimenti in tecnologie? O investimenti in qualità decisionale (dunque nei manager)? O entrambi?

Non sempre i dati disponibili vengono utilizzati e non sempre producono un effettivo miglioramento della qualità decisionale.

A volte si cercano nuovi dati freneticamente: sembra che i dati siano in grado, autonomamente, di risolvere problemi o situazioni competitive altalenanti, sostituendo il manager che alla fine dovrà prendere una decisione.

Innovazione e dati: un input per creare il futuro

I dati e i nuovi algoritmi rappresentano un enorme passo in avanti per migliorare le decisioni: chiarezza, tempestività, segmentazioni, conoscenza senza precedenti sembrano benefici a portata di clic. Più dati non significa tuttavia automaticamente maggiore qualità decisionale. Quest’ultima dipende principalmente dall’uso che il manager fa dei dati. Essi rappresentano un punto di partenza, una materia grezza da cui le persone possono iniziare per costruire possibilità, decisioni più innovative.

I dati possono essere considerati come un input per le persone che si interfacciano ad essi; un input che sollecita domande e prospettive diverse. I dati hanno un valore potenziale, che deve trovare corrispondenza nel potenziale del manager che li utilizza. In questo modo possono diventare un’occasione per accedere a livelli nuovi ed inesplorati di creatività.

Può essere utile partire da “ciò che non torna”

Per un uso più efficace dei dati è utile includere quanto sembra contraddittorio o inutile: “che cosa può significare?”. Si potranno navigare nuove possibilità, a partire da un dato che in origine appariva superfluo. È importante allenarsi ad avere un approccio esplorativo, ad esempio attraverso un coaching professionale oppure gruppi aziendali di innovazione progettati e gestiti in modo idoneo per costruire opzioni, valorizzando asset, capacità aziendali e opportunità di mercato.

Questo articolo è un estratto dell’articolo completo pubblicato da Copernico Magazine. Leggilo subito!

Immagine: Rawpixel.com/bigstock

Written by Danilo · Categorized: Business Coaching, Business Innovation · Tagged: Big Data, Management Development, Marketing strategy

Apr 28 2017

Coaching, nuove tecnologie e potenziale manageriale

Il miglioramento delle performance manageriali è oggi fondamentale di fronte all’avvento delle nuove tecnologie, sempre più evolute e pervasive.

È essenziale per il manager comprendere meglio i cambiamenti indotti dalle tecnologie. È altresì essenziale diventare più efficaci, strategici e creativi in un mondo professionale nel quale le tecnologie sono strumenti, che aiutano a lavorare meglio e in modo più soddisfacente. Il manager dovrà orientarsi ad esprimere in modo più deciso le proprie potenzialità. Ad andare oltre le aspettative, a dare spazio ad ampie parti delle proprie risorse professionali. In questo modo le tecnologie saranno a servizio del proprio lavoro, strumento utile e non minaccioso.

È necessaria, in altri termini, una maggiore corrispondenza tra le potenzialità manageriali espresse e le potenzialità tecnologiche emergenti. Il Business Coaching può essere di grande aiuto.

coaching e nuove tecnologie

Nuove tecnologie e attitudine del manager

Le nuove tecnologie sono sempre più diffuse ed è difficile che questa diffusione si arresti. Domande appropriate in questo contesto sono: quali sono i problemi per i quali questa tecnologia è utile? In quali casi può essere utilizzata? Il ruolo delle nuove tecnologie andrebbe inteso come strumento in grado di migliorare la qualità di ciò che viene eseguito e di svolgere i compiti assegnati in modalità definite.

Ma ciò che può fare la differenza è il tipo di “relazione” che il manager instaura con le nuove tecnologie. Uno dei motivi per i quali le nuove tecnologie possono essere percepite come minacciose è infatti il modo in cui il manager si rapporta ad esse.

Potenziale manageriale, consapevolezza e azione

Un’implicazione basilare per il manager è di focalizzarsi sul miglioramento della performance. “Performance” non va intesa come una buona esecuzione delle proprie attività, ma come la capacità di andare oltre le aspettative, di esprimere le proprie risorse, le proprie potenzialità. Ciò agendo su due fronti: consapevolezza e azione.

Aumento di consapevolezza

Per aumentare la propria performance è innanzitutto utile aumentare la consapevolezza. Ad esempio, le modalità con le quali si affrontano le situazioni nel proprio ambito professionale.

Una capacità richiesta ai manager del futuro è infatti quella di costruire significati nuovi, originali e di agire in base ad essi. Se, ad esempio, una certa realtà di mercato viene definita sempre secondo gli stessi schemi, quegli schemi potranno essere facilmente appresi e replicati da un robot, che potrà a quel punto divenire più efficiente del manager nel rapportarsi ad essa.

Azione e sperimentazione

Un secondo fronte è rappresentato dall’orientamento ad azioni in grado di costruire contesti nuovi.

Si tratta di adottare e praticare un atteggiamento basato sulla capacità di agire sapendo che l’azione, e i feedback seguenti, sono una base importante per apprendere e ampliare gli schemi interpretativi e decisionali adottati.

Il manager del futuro e il Coaching

Un manager più radicato nelle fiducia nel valore delle potenzialità espresse. Il manager del futuro dovrà essere più creativo, strategico e orientato a sperimentare.

In questo contesto il Coaching è utile perché è orientato a sbloccare il potenziale dell’individuo, a massimizzare la performance, ad aiutare ad apprendere, anziché insegnare.

Questo articolo è disponibile in versione integrale sul numero di Febbraio/ Marzo 2017 del mensile The Procurement.

Foto: pinkypills/bigstock.com

Written by Danilo · Categorized: Business Coaching · Tagged: Executive Development, Management Development, Nuove Tecnologie

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