Questo articolo è una case history nata da un’intervista a Daniele Lucchesi, manager di R&D Europe di Honda e “papà” di Honda X-ADV, moto rivoluzionaria, definita “il primo SUV a due ruote”.
La presentazione dell’aggiornamento 2021 della Honda X-ADV è l’occasione per pubblicare questo articolo.
Honda Motorcycles è considerata una delle aziende di maggior successo, qualità e capacità di innovazione al mondo nel mercato delle due ruote.
Per diversi anni, l’azienda aveva cercato di introdurre un prodotto innovativo in questo settore, in grado di soddisfare un nuovo bisogno. Diversi tentativi erano andati a vuoto, riducendo la percezione da parte dei clienti di essere “azienda innovativa”. Nonostante le ricerche e le analisi dei dati, l’azienda non era riuscita a proporre qualcosa che rispondesse a bisogni concreti del cliente. E che fosse anche numericamente rilevante.
Tutto questo finché un manager di Honda R&D Europe, Daniele Lucchesi, si è imbattuto in un’avventura personale “problematica”. Daniele ha trasformato questa avventura in un’opportunità e in un prodotto di successo a livello mondiale, con passione, competenza, determinazione e ispirandosi al desiderio di “espandere la gioia del cliente”.
È nata così la Honda X-ADV, un modello che sfugge a categorie pre-esistenti e che ha creato un nuovo segmento, che possiamo per semplicità definire uno scooter “adventure”. Un prodotto-segmento che si è rivelato subito appetibile se, ad esempio, consideriamo i dati di vendita, l’impatto sulla percezione della marca e i nuovi concetti che la concorrenza ha introdotto successivamente.

L’importanza di creare nuovi prodotti
Creare nuovi prodotti di successo, soprattutto creare nuovi mercati, è un’ambizione di molte aziende. Rappresenta una sfida che, se colta con successo, è in grado di far uscire dagli ambiti competitivi ristretti in cui nella maggioranza dei casi operano le aziende.
Non è un caso che l’innovazione sia un driver decisivo nei mercati attuali e che le aziende considerino l’innovazione una condizione indispensabile in mercati sempre più competitivi, esigenti, imprevedibili e incerti.
Il lancio di Honda X-ADV, le cui vendite sono cominciate ad inizio 2017, rappresenta un caso interessante in termini di percorso di innovazione. È interessante anche per l’approccio alla situazione, per le attitudini e per le modalità, dal concepimento al lancio, ai risultati.
È sempre difficile, se non impossibile, definire una relazione causa-effetto tra caratteristiche di un processo di innovazione e successo di mercato.
Ci sono alcuni aspetti di processo che, nel caso di Honda X-ADV, sembra abbiano favorito il conseguimento di un risultato al di là delle aspettative.
Honda X-ADV è in effetti una case history che offre spunti di riflessione sul modo in cui sviluppare nuovi prodotti. È una riflessione sull’importanza che il processo, nelle sue varie fasi, sia strutturato e allo stesso tempo sia guidato da un’attitudine basata sull’immaginazione, sull’esplorazione delle possibilità, sia nella generazione del problema che delle soluzioni.
Un’orientamento alla capacità di integrare diversi punti di vista, di non giungere immediatamente a conclusioni. Questa attitudine può condurre alla creazione di un segmento completamente nuovo, fino al rilancio del settore di appartenenza e alla scoperta che, a volte, “la saturazione del mercato è un concetto falso, generato da un certo modo di vedere le cose.”
Si tratta di un processo con alcuni requisiti in termini di sequenza e in termini di rapporto tra chi si approccia all’innovazione e la situazione o il problema che si intende affrontare.
In particolare, alcuni aspetti hanno caratterizzato il percorso di innovazione che ha portato alla nascita di Honda X-ADV:
- chiarezza sul futuro che si immagina
- desiderio, entusiasmo e passione nel volerlo costruire
- strutturazione e sistematicità del processo di innovazione e sviluppo
- attenzione (a) e centralità del cliente
- curiosità e capacità di “vedere” contaminazioni tra prodotti e categorie differenti
- ricerca di alternative e prospettive nuove
- capacità di ascolto, apertura e disponibilità
- attitudine e pratica di sperimentazione
- orientamento al gioco, che riduce la tensione e favorisce il fatto di essere più intuitivi e più creativi
- fiducia coniugata con un approccio solution-based e data-based
- armonia del gruppo di lavoro che interviene nelle diverse fasi di lavoro.
Dal problema all’idea
Il percorso che ha portato alla Honda X-ADV è nato da una difficoltà tecnica nel corso delle vacanze estive di Daniele Lucchesi in Grecia del 2013. Nelle sue parole:
“Ad Agosto 2013 ero sull’isola greca IOS e ho affittato uno scooter: volevo raggiungere la spiaggia di Manganari, ma mi sono scontrato con la difficoltà di fare un certo percorso per giungere fino alla spiaggia. Avevamo il timore di rimanere bloccati e non riuscire a procedere oltre nel tragitto che avevamo scelto. In quel momento ho pensato: ‘se solo potessi avere uno scooter che mi consentisse di fare un po’ di fuoristrada. Adesso torno in ufficio e lo faccio’. C’è stata in me una parte di pazzia: da quella difficoltà volevo far nascere qualcosa su cui lavorare appena fossi rientrato in ufficio.
“In fondo avevo sempre desiderato lavorare su un’idea del genere. Io amo le moto, ma mi rendevo conto che in inverno una certa scomodità (ad esempio per la pioggia) mi impediva un utilizzo pieno e continuo del mezzo.”
La difficoltà incontrata su un’isola della Grecia ha rappresentato il punto di avvio per un percorso di sviluppo di successo, in grado di smontare la percezione che il mercato delle due ruote fosse saturo.
La “creazione” del problema
“Non ho dato risposta ad un problema, ma ho creato un problema, ho trovato un nuovo problema a cui dare una nuova risposta.
A me piacciono molto i numeri, analizzarli e mettere insieme diversi segmenti.
A questo proposito, il prodotto T-Max, lanciato da Yamaha con successo molti anni prima, era riuscito a coniugare lo scooter con il “super-sportivo”, offrendo agli scooteristi la possibilità di fare esperienza sportiva. È un prodotto che ha dato a persone che venivano dagli scooter, e che non volevano l’impegno che una moto comporta, la possibilità di godersi la sportività.
L’inizio del percorso e l’assegnazione di un budget dedicato
“I giapponesi ti danno sempre la possibilità di sperimentare con progetti che nascono da proposte locali. Ogni anno c’è spazio per un paio di progetti sperimentali, che rappresentano il nostro modo “locale” di vedere o interpretare alcuni fenomeni.
“Non è semplice iniziare a lavorare su un progetto di questo tipo. La casa madre riceve ogni anno proposte da tutti i centri design Honda del mondo: ad esempio Thailandia e Vietnam. Quando il mio progetto è stato portato in Giappone, si è scontrato con tanti altri progetti. Inoltre, quell’anno non avevamo neanche l’obiettivo di lavorare sugli scooter.”
“Ho presentato l’idea in azienda, ma non era immediatamente chiaro che cosa volessi realmente creare. Sono stati necessari circa cinque mesi di presentazione, per spiegare la mia idea di Adventure Scooter, adeguatamente sostenuta da dati di mercato.
“Ho iniziato a preparare alcune presentazioni e produrre dati, numeri a supporto. Ho anche introdotto esempi di altri settori (ad esempio quello degli orologi), per evidenziare come fosse possibile contaminare concetti esistenti e creare qualcosa di nuovo. Normalmente mi diverto e sono incuriosito da qualsiasi cosa e sulla possibilità di replicarla nel mio settore. Non era facile spiegare che il prodotto che avevo immaginato poteva essere un competitor di Yamaha T-MAX, e allo stesso tempo un prodotto completamente diverso. Utilizzando i dati di mercato, avevo dimostrato che in termini di segmenti di mercato, il cliente-tipo era simile a quello di T-MAX, pur essendo i modelli così diversi. Mi sembrava una situazione simile a quella di Vespa e Honda SH: stesso tipo di clienti, ma prodotti diversi. Non era facile neanche interloquire con le vendite, che, all’inizio, consideravano quel percorso ‘tempo perso’.
Dopo numerose volte in cui avevo presentato senza convincere l’azienda ho anche pensato di abbandonare il progetto.”
“Quando lavoravo sul prodotto lo contestualizzavo al problema (ad esempio pensavo che sarei arrivato fino in fondo alla spiaggia dell’isola greca), pensavo che probabilmente molti avevano avuto lo stesso problema e desideravo rendere felici molte persone. Tuttavia, attraverso le sole analisi numeriche non riuscivo a fare progressi. A quel punto, ho chiesto ai designer di generare delle forme visive. Io riuscivo a immaginare un prodotto e desideravo che anche i giapponesi potessero visualizzarlo, questo avrebbe potuto aiutare a sbloccare il processo.
Dopo aver lavorato da solo e presentato 7 o 8 volte ho coinvolto i designer e quello è stato un momento decisivo. A quel punto, dopo circa sei mesi dall’inizio del percorso, il Presidente di allora vide lo sketch e rispose che, pur non avendo ancora completamente chiara la direzione, intuiva che c’era un potenziale. Assegnò un budget al progetto e si passò così alla fase Yamagomori.”
Il momento dell’esplorazione e del lavoro di gruppo
“Venne allora organizzato uno Yamagomori (sketch concentration), nel quale vennero coinvolti 5 o 6 designer.
Nel corso di uno Yamagomori si tracciano le linee guida del progetto, tutti i designer lavorano insieme per una settimana in una location per produrre degli sketch. In quella settimana hanno lavorato tutti con molta armonia. Era tutto come un gioco in cui si può tentare e credo che questo sia un fattore molto importante, che incide sulla qualità del processo e dei risultati.”
Al termine della settimana, il responsabile del concetto, in questo caso Daniele, vede le diverse proposte sviluppate.
“I vari sketch proposti interpretavano il concetto in modo molto differente l’uno dall’altro. Questo è un aspetto positivo ed è importante evitare di dare una direzione troppo precisa ai designer, in modo da lasciare spazio a proposte e idee che il responsabile del concetto (in questo caso io) non aveva immaginato.”
Il rapporto con le proposte di design
“Normalmente si attua un confronto tra quanto è stato visualizzato e le aspettative che si hanno. Le aspettative possono rappresentare una difficoltà: ad esempio, io mi aspettavo qualcosa di leggero, agile (infatti, il mio desiderio era quello di dare a tutti accesso al mezzo), un mezzo più piccolo, agile e stretto.
L’ho guardato e ho detto ‘Non me l’aspettavo così, ma aspetto’. E andavo a guardarlo.
Un ostacolo alla creatività, inoltre, è rappresentato dalla tendenza a guardare subito il lato negativo delle proposte.
A quel punto mi sono preso del tempo per far ‘decantare’ le differenti proposte, senza arrivare subito a conclusioni. Dopo un po’, ho cominciato ad essere d’accordo sulla direzione che poi ha preso, che era differente da come l’avevo immaginata autonomamente.
Ad esempio, ho pensato che fosse molto moderno rispetto a quello che avevo immaginato io. Ho riconosciuto che avesse veramente doti off-road.
Ho visto il valore di un linguaggio che era in grado di esprimere un’idea nuova e allo stesso tempo familiare (quello dei SUV).
Si trattava di un linguaggio molto pulito e mi rendevo conto che quella moto mi avrebbe consentito di arrivare alla spiaggia di Manganari e allo stesso tempo sentirmi sicuro nel farlo.
A quel punto abbiamo fatto il modello in argilla, con l’aiuto del capo del design arrivato appositamente dal Giappone, che giudicò interessante lo sketch, e che a sua volte coinvolse un modellista di grande esperienza dal Giappone e che lavorò sul modello per un mese.”

Il momento della svolta
“Il momento in cui mi sono accorto della svolta è stato quando, nell’Ottobre 2014, nel corso di una presentazione all’interno di un nostro evento delle vendite, ho presentato il progetto e il pubblico ha risposto con un applauso”.
Nel Novembre 2015 il modello in argilla è stato presentato a EICMA a Milano, e successivamente è partita la fase finale di progettazione e produzione, fino alla vendita cominciata a inizio 2017.
Il ruolo dell’esperienza e l’approccio con i dati
Un aspetto interessante in un percorso di innovazione è rappresentato dal ruolo dell’esperienza e dal rapporto con i dati disponibili.
“L’esperienza è importante nel senso di capire che non ne sai mai abbastanza ed emerge nel modo in cui coniughi quello che sai con quello che non sai.
Di fronte a dati che non tornano, che vanno contro il buon senso, contro l’esperienza, a volte pensi che i dati sono sbagliati, a volte invece è importante utilizzarli per ampliare le visioni, i punti di vista, non bisogna dare niente per scontato. È importante non accontentarsi di risposte superficiali ed avere scetticismo anche nei confronti delle proprie intuizioni.”
Interazione e “ascolto” nel gruppo
“Senza il gruppo non sarei andato da nessuna parte. Io ho messo il seme nella terra, ma prima di vedere il lavoro finale c’è un team, dove tutti hanno la stessa importanza.
È fondamentale l’armonia, lavorare con soddisfazione e felicità. Hai chiara la direzione, sai dove vuoi arrivare, ma ci puoi andare in modi differenti. Condividi con chiarezza il problema: la moto deve andare là, sulla ‘strada sterrata’.”
“All’interno del team, è fondamentale ascoltare tutti con mente libera. Non bisogna subito giudicare qualcosa, mettendola a confronto con quello che si sa già. È necessario ascoltare e farsi delle domande: ad esempio cercare di capire perché vengono fatti certi commenti.
Dalle persone che meno ti aspetti possono provenire spunti di grande importanza. E devi avere fiducia che ognuno farà la propria parte al meglio.”
Determinazione, passione e orientamento al cliente
“Chiunque può portare avanti un progetto e farlo diventare realtà. L’importante è desiderarlo con amore e riuscire a includere i commenti e le considerazioni degli altri. Da solo non vai da nessuna parte. Sono importanti le critiche e gli scetticismi, è importante ascoltare con attenzione e tenere conto anche di ciò che può sembrare negativo.
“Avevo un grande desiderio di fare qualcosa per la Honda, mi sono sentito responsabile per i clienti che sapevano che Honda è in grado di produrre prodotti innovativi.
Avevo il desiderio di fare qualcosa di bello per la Honda e per le persone, un progetto che non avesse niente di negativo per la Honda e per le persone.
Mi domandavo: questa cosa fa felice il cliente finale? E la risposta veniva in modo naturale.
Sono tutte cose che ho capito e appreso sperimentando.
Nonostante le grandi difficoltà, ciò che mi ha fatto andare avanti è stato il desiderio di essere fedele a questo progetto e un grande amore per questa azienda.”
Grazie Daniele.
photo credits: hondanews.eu