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Giu 01 2020

Aumentare la motivazione, migliorare i risultati.

Soddisfazione, qualità del lavoro e risultati sono connessi alla motivazione individuale. Esistono vari livelli di motivazione, collegati a diversi livelli di energia, entusiasmo e intensità ad alto impatto. La motivazione è anche strettamente collegata all’espressione delle proprie potenzialità. Ma come aumentare la motivazione? E come può essere utile un coaching efficace?

Uno dei compiti fondamentali di un manager consiste nell’assegnare (o negoziare) obiettivi ai collaboratori e successivamente fare in modo che questi obiettivi vengano da essi fatti propri e conseguiti.

In genere gli obiettivi individuali sono definiti partendo dagli obiettivi dell’azienda, successivamente declinati tenendo conto delle caratteristiche e del ruolo di una singola persona.

È raro tuttavia che l’assegnazione di un obiettivo sia di per sé garanzia del fatto che il collaboratore persegua l’obiettivo con la determinazione e l’impegno ottimali.

Anche per questo, è importante la motivazione, ovvero ciò che spinge una persona verso il raggiungimento di uno scopo.

Motivazione “1” e motivazione “2”

Semplificando, consideriamo due livelli di motivazione.

Ad un primo livello è sufficiente una spinta “di routine” a realizzare compiti o attività per conseguire un obiettivo. Chiamo questa spinta motivazione “di base” o “motivazione 1”.

Esiste anche un livello motivazionale ”di potenziale” o “motivazione 2”.

In questo caso, la motivazione ha un quid in più. Una persona ha una spinta ad eseguire la propria attività o a conseguire un obiettivo con un livello energetico aggiuntivo, che va oltre la routine. La motivazione “2” contiene un elemento “magico e invisibile”, che arricchisce le azioni svolte. Mentre svolge le proprie attività, quella persona esprime le proprie potenzialità. 

La differenza tra i due livelli motivazionali consiste nella qualità energetica, nell’entusiasmo e nella forza vitale rivelata nella realizzazione delle attività. 

Vediamo ora come aumentare la motivazione e poi come passare alla “motivazione 2”.

Energia e motivazione per fare qualcosa di grande

Gli aspetti che qui consideriamo aumentare la motivazione sono i seguenti:

  • il livello di autonomia
  • Il senso di avere uno scopo
  • la valorizzazione delle proprie unicità
  • la possibilità di sperimentare.

Quando un manager si impegna a facilitare questi aspetti, accelera l’accesso alla motivazione “2”.

Vediamo i singoli aspetti singolarmente.

Aumentare la motivazione: il livello di autonomia

Un primo aspetto è rappresentato dal fatto che il collaboratore faccia propri gli obiettivi assegnati.

Nel momento in cui si appropria degli obiettivi, la motivazione diventa “intrinseca”: il collaboratore agirà avvertendo come proprio il desiderio di conseguire un certo scopo.

Secondo una ricerca svolta da Gallup, il 30% dei dipendenti dichiara che il proprio manager li coinvolga nella definizione di un obiettivo. E c’è, in questi casi, una probabilità 3,6 volte superiore che essi si sentano motivati.

La motivazione di origine “interna” genera una forza incredibile nel conseguire determinati risultati. Il collaboratore vive con maggiore soddisfazione ciò che sta facendo, lo troverà più interessante e coinvolgente. Si sentirà più creativo, sarà più interessato ad approfondire dati e informazioni disponibili. Sarà più determinato ad affrontare le difficoltà e sentirà che, oltre a svolgere un’attività, si sta realizzando.

Autonomia e assegnazione di un obiettivo. Un’apparente contraddizione

Per aumentare la motivazione “intrinseca” è utile aumentare il grado di autonomia delle persone.

Questo punto è particolarmente delicato, in quanto da un lato gli obiettivi dovranno essere assegnati dal manager e dall’altro è necessaria una certa autonomia. Questo sembra essere contraddittorio.

Come fare?

Quando si tratta di creare una motivazione intrinseca, non è necessaria la completa “libertà di scelta”. Conta invece invece la sensazione di aver partecipato, di aver contribuito alla scelta.

Questo genera un senso di autodeterminazione, anche nei casi in cui la partecipazione riguarda aspetti apparentemente non centrali.

Nella maggioranza dei casi l’autonomia sarà variabile e parziale.

Vari livelli di autonomia

Ci sono situazioni nelle quali è possibile solo un livello contenuto di autonomia. Come fare allora ad aumentare la motivazione?

Se è necessario assegnare sia l’obiettivo sia il modo per raggiungerlo, si può creare una certa partecipazione, invitando il collaboratore a prendere decisioni su alcuni aspetti secondari dell’attività.

Supponiamo, ad esempio, che al dipendente venga richiesto di svolgere più attività, che hanno il medesimo livello di priorità. Il dipendente potrà decidere autonomamente quale attività avviare per prima.

Anche aspetti, apparentemente secondari, generano invece un certo grado di libertà e di motivazione.

Ci sono situazioni che consentono un livello maggiore di autonomia. Ad esempio, può accadere che il dipendente non possa scegliere l’obiettivo, ma la modalità per raggiungerlo.

In questo caso, il dipendente sceglie anche quali capacità mettere in campo, avendo così un maggiore senso di controllo della situazione: aspetto che influenza favorevolmente i risultati che si ottengono.

Spiegare l’importanza di un obiettivo

In ogni caso, è importante spiegare al dipendente perché l’obiettivo assegnato ha un valore. Troppo spesso, i manager si limitano a dire ai loro dipendenti cosa devono fare.

Difficile che ci si impegni fino in fondo se non si capisce perché quell’obiettivo è desiderabile. 

Target

Il senso di avere uno scopo

Il livello di autonomia e l’appropriazione di un obiettivo aprono il tema del “senso di avere uno scopo”. Un collaboratore ha chiaro (sistematicamente e non sporadicamente) che certe sue azioni portano a risultati di valore, che il suo lavoro ha uno scopo e un valore. A volte è sufficiente sapere che le proprie azioni influenzano positivamente gli altri colleghi o la squadra.

Valorizzare le unicità individuali

Il livello di motivazione è anche collegato alla possibilità di avere uno “spazio” di auto-espressione. Tutti hanno un profondo desiderio di mostrare le proprie caratteristiche uniche. Di far emergere le proprie capacità distintive. Di dare un contributo unico all’interno del proprio team o della propria organizzazione. 

C’è una sorta di magia che si realizza quando si esprimono le proprie capacità uniche, una magia che genera un senso di vita che non sempre ha modo di emergere.

Si tratta di un senso di vitalità che soppianta quella sensazione di meccanicismo, a cui molto sono abituati e che avvicina l’uomo al robot, rendendo il robot un candidato migliore per sostituire le attività umane.

È importante che, ai vari livelli professionali, si valorizzino i contributi unici che si apportano, le caratteristiche distintive, facendo sentire le persone a proprio agio nell’essere se stessi.

La possibilità di sperimentare

Per aumentare la motivazione, è utile creare dei momenti e delle situazioni “sicure” in cui le persone possono sperimentare e compiere “errori”: le persone, sapendo di questi momenti, avranno così meno ansie e timori di sbagliare. Oltre vent’anni fa, ho dedicato la mia tesi di laurea al tema “l’errore come stile di management”, che approfondiva la sperimentazione come aspetto fondamentale per lo sviluppo.

Le aree di sicurezza consentono di sciogliere l’impegno dai normali vincoli quotidiani e aprono a scenari inesplorati di creatività. In effetti, quando ci si trova in situazioni di rilassamento e serenità, è più probabile che emergano intuizioni e innovazioni e che le persone crescano professionalmente. E questo impatta sulla motivazione.

Verso la motivazione “2”

Attraverso le modalità descritte, si cominciano a creare le basi per una espressione più completa delle potenzialità dei propri collaboratori, attraverso una più potente motivazione intrinseca.

In questo modo, si cominciano a porre le basi affinché la forza del collaboratore diventi la forza dell’azienda o del gruppo al quale appartengono e affinché, in ultima istanza, essi stessi siano più soddisfatti del loro lavoro e di quello che fanno.

Cosa determina lo stile motivazionale di un manager?

Che cosa influenza l’approccio alla motivazione di un manager? Nella mia esperienza ho potuto riscontrare almeno questi fattori:

  • la stima che il manager ha (più o meno consapevolmente) verso i propri collaboratori. Da notare che spesso la stima ha un effetto auto-avverantesi
  • il livello di esperienza e le attitudini “di partenza” dei propri collaboratori. Se questi ultimi non hanno il desiderio di accedere a nuovi livelli di motivazione, ogni azione rischia di essere inefficace
  • gli effettivi gradi di libertà di un manager, spesso influenzati dall’urgenza del manager: ad alta urgenza si tende a ricorrere ad uno stile più direttivo
  • il proprio stile manageriale, fortemente influenzato dalla storia professionale e dai livelli di consapevolezza.

Dalla motivazione “1” alla motivazione “2”

La motivazione “1” richiede a volte semplicemente un buon sistema incentivante, un capo che conosce le dinamiche emotive delle persone, una certa disponibilità del collaboratore.

La motivazione 2 richiede un impegno preciso di un leader, di un manager, un desiderio del dipendente e, come facilitatore, un coach facilitatore.

Il mondo della motivazione 2 è un mondo trasformativo, su scala differente. È un mondo poco conosciuto, in quanto è conoscibile solo per esperienza diretta.

Il livello 2 conferisce un salto nella qualità di ciò che si fa ed è a questo livello che le “potenzialità” diventano “attualità”.

Il ruolo del coach può essere importante per allenare un manager, un dipendente o un leader alle capacità motivazionali, per aumentare la consapevolezza e per favorire la conoscenza diretta della motivazione “2”.

Un coach efficace, soprattutto se con esperienza manageriale, facilita l’accesso a mondi motivazionali nuovi, a livelli di energia di cui spesso non si è consapevoli.

Un coach facilita l’accesso alla forza reale che si può mettere in campo, aiutando così a rendere la forza di un manager o dei suoi collaboratori la forza dell’azienda alla quale appartengono.

E nel momento in cui si presta la dovuta attenzione ai temi motivazionali, un’azienda diventa più agile, migliora la capacità di risposta, la resilienza e la capacità di realizzare innovazioni.

Written by Danilo · Categorized: Business Coaching · Tagged: Leadership, Management Development, Miglioramento Performance

Mag 25 2020

Realizzare lo Smart Working e il lavoro agile con le potenzialità individuali

Lavorare in smart working, o lavoro agile, a volte è una necessità (come in questa fase economica di emergenza), altre volte è un requisito di grande valore per le aziende. Ma come realizzare uno smart working efficace?

Per mettere in pratica lo smart working diventa fondamentale gestire un vero cambiamento culturale in collaboratori, manager e dipendenti. Realizzare bene lo smart working richiede una crescita della responsabilizzazione e della consapevolezza di chi lavora in azienda, facendo leva sulle potenzialità individuali.

L’agilità di piccole e grandi aziende sembra oggi essere una qualità fondamentale per competere efficacemente. Spesso, anche a causa delle emergenze che stiamo vivendo, è un requisito per continuare a operare in mercati altamente incerti.

I modelli organizzativi cambiano e si adeguano ai tempi

Prendiamo una ricerca realizzata dall’Osservatorio sull’Innovation Practice del Politecnico di Milano e pubblicata su Il Sole 24 Ore in data 20 maggio 2020 (articolo dal titolo “La vera sfida è trasformare il lavoro da remoto a smart”). La ricerca riporta che il 64% delle aziende ritiene la realizzazione dello smart working come la principale sfida delle aziende nel prossimo futuro (nell’ambito risorse umane).

Cos’è lo smart working

È importante innanzitutto ricordare che lo smart working non è (soltanto) lavoro da casa.

“Lo Smart Working, o Lavoro Agile, è una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Un nuovo approccio al modo di lavorare e collaborare all’interno di un’azienda che si basa su quattro pilastri fondamentali: revisione della cultura organizzativa, flessibilità rispetto a orari e luoghi di lavoro, dotazione tecnologica e spazi fisici” (Guida allo Smart Working, Osservatorio Politecnico di Milano).

smart working

Lo smart working prevede la possibilità per collaboratori e dipendenti di avere maggiore autonomia su vari fronti. Tra questi ultimi vi sono come organizzare il proprio lavoro e dove lavorare (eventualmente anche da casa), grazie ad alcune condizioni “abilitanti” (ad esempio le tecnologie).

Le aziende e i relativi responsabili definiranno lo scopo e gli obiettivi da raggiungere.

Importanza degli obiettivi nello smart working

In una logica di smart working viene assegnata maggiore importanza all’obiettivo concordato tra azienda e collaboratore rispetto ad altre modalità di organizzazione. Minore importanza viene invece data al controllo, che normalmente avviene quando si lavora regolarmente nel medesimo ufficio o struttura.

In “smart working”, il lavoratore può organizzarsi per lavorare da casa, in ufficio o altrove, in autonomia, concordando con l’azienda gli obiettivi di raggiungere.

Questa modalità crea maggiore agilità per le aziende. Crea anche risultati migliori (almeno sulla carta). Allo stesso tempo crea maggiore flessibilità con variabilizzazione dei costi (basti pensare ai costi degli uffici).

È più agile un’azienda che può contare sul fatto che i propri collaboratori perseguiranno con ampia autonomia gli obiettivi assegnati. Così un’azienda riesce a rispondere più prontamente ai cambiamenti, in quanto le persone, guidate dagli obiettivi, hanno maggiore capacità di adattare le proprie attività alle esigenze

Alcune difficoltà di realizzazione

Esistono alcune criticità di cui bisogna tenere conto quando si decide di realizzare un’organizzazione del lavoro “smart” (o quando si è costretti, come nei casi di emergenza, ad adottare forme prolungate di lavoro da casa). Queste difficoltà possono compromettere l’efficacia di questo modo di lavorare.

Secondo la ricerca sopra menzionata, la principale difficoltà emersa è quella di passare “da un approccio gerarchico a team” (il 55% delle aziende). A questo si aggiunge “la resistenza culturale” (il 27% delle aziende). Si tratta di difficoltà che esistono ai vari livelli di un’azienda.

Perché esistono queste difficoltà? Dove originano queste difficoltà? Cos’è possibile fare per superarle? Vediamo alcuni aspetti.

La “comfort zone” degli individui nelle organizzazioni

Una prima area che influisce sulla disponibilità ad adottare un approccio di smart working è rappresentato dalla “comfort zone”.

Le modalità di lavoro consolidate e diffuse (per intenderci quelle esistenti prima dell’adozione dello smart working) sono una sorta di comfort zone.

Passare ad un approccio di lavoro agile richiede di andare oltre quest’area confortevole.

Come semplice esempio, prendiamo l’abitudine di andare in ufficio ad una certa ora, di fare un certo percorso, incontrare alcune persone nel tragitto.

Anche decidere di cambiare di poco questa piccola abitudine può richiedere lo sforzo di andare oltre il senso di comfort, generato dalla ripetitività delle abitudini. E può non essere semplice per le aziende, manager, professionisti, collaboratori.

Alcune abitudini sono poi considerate quasi impossibili da modificare anche se, ad un livello “razionale” sono palesemente migliorative.

Questa difficoltà di cambiamento rappresenta un freno alla crescita, che a volta si ritrova nella frase “abbiamo fatto sempre così”.

La “convenienza” della comfort zone è così rilevante che, nel difenderla, si possono perdere di vista i vantaggi di uscirne. I vantaggi spesso riguardano sia la qualità del proprio lavoro che i risultati dell’azienda o del gruppo professionale al quale si appartiene.

Nello smart working bisogna uscire dalla propria zona di comfort, adottare modi di lavorare non usuali. Tutto questo, se lo smart working è realizzato correttamente, potrà avere un impatto favorevole sui risultati aziendali.

Evoluzione della “gerarchia”

Con riferimento all’aspetto gerarchia, bisogna innanzitutto considerare che il tema in discussione (in ambito smart working) non è in sé e per sé l’abbandono tout court della gerarchia. Il passaggio a modalità di lavoro “agili” non significa mettere da parte la gerarchia. Esistono delle responsabilità di risultato, che richiedono la differenziazione gerarchica a vari livelli, soprattutto al crescere della dimensione aziendale.

Il lavoro agile cambia però il modo in cui si intende la gerarchia.

Tipicamente la gerarchizzazione è stata basata sulla scomposizione delle attività aziendali o di gruppo in attività sempre più piccole. La figura del “responsabile”, sintesi di queste attività, in qualche modo assicura lo svolgimento di queste attività.

Quando parliamo di lavoro agile, l’attenzione si sposta sugli obiettivi, aspetto chiave dello smart working. In quest’ultimo caso, il ruolo della gerarchia consente di presidiare obiettivi a diversi livelli. Il focus dei team e degli individui diventa gestire obiettivi “micro”, che nascono dalla declinazione degli obiettivi aziendali in diverse aree di competenza e gruppi funzionali.

Gerarchia e leadership

L’argomento “gerarchia” richiama quello della leadership, che gioca un ruolo essenziale in gruppi complessi, nel lavoro a distanza e nei cambiamenti organizzativi. La leadership agisce su aspetti motivazionali, che influenzano il modo in cui le persone lavorano, la capacità di adattamento e i risultati ottenuti. Lavorare a distanza, e secondo modalità di smart working, rende critica la chiarezza degli obiettivi (qualità di leadership) e il modo in cui si viene ispirati a conseguirli.

In questo senso la gerarchia/ leadership diviene un collante fondamentale che, anche con persone che lavorano in luoghi diversi o che si auto-organizzano, consente di mantenere una direzione unitaria. Inoltre il ruolo gerarchico/ leadership diventa essenziale per gestire eventuali prestazioni al di sotto delle aspettative.

E su questo aspetto i manager dedicano una parte importante del tempo. Ad esempio, da alcune ricerche è emerso che il 17% del tempo (di fatto, un giorno a settimana) di un manager è dedicato a gestire i risultati deludenti di una o più persone del proprio team.

Le logiche di smart working possono accentuare questa percentuale, per le criticità di adattamento descritte prima. Pertanto in smart working diventano più critiche le abilità di leadership, in quanto le possibilità di un lavoro al di sotto delle aspettative possono aumentare significativamente, a parità di condizioni.

Leadership e mentalità

Il tema importante, nel percorso di adozione dello smart working, è il passaggio ad una dinamica gerarchica basata su principi di leadership autentica, in cui compito chiave del leader è aiutare le persone a contribuire al meglio. È un tema di performance e di soddisfazione.

Per funzionare, lo smart working richiede pertanto:

  • una leadership chiara, evoluzione della più tradizionale gerarchia
  • persone con la mentalità, il mindset adatto, basato su un’elevata flessibilità. È utile che le persone siano progressivamente formate ad adottare logiche di lavoro agili. Richiede inoltre che le persone siano messe nelle condizioni di esprimere al meglio le proprie unicità, competenze e caratteristiche in queste condizioni. Con un percorso adatto, ogni individuo diventa così un soggetto chiave, un soggetto il cui valore non è realizzare attività più o meno di routine, ma portatore di una potenzialità che si esprime nel percorso di raggiungimento di un obiettivo.

Lo smart working non è solo un’evoluzione

Indipendentemente dalla misura in cui si intende adottare lo smart working come approccio al lavoro nella propria azienda, è importante evitare di focalizzarsi solo sugli strumenti digitali o sulla tipologia di uffici utilizzati o su scelte organizzative studiate “sulla carta”. È importante partire e rendere centrale il “fattore umano”, partire dal persone.

Le persone potrebbero infatti trovarsi improvvisamente a lavorare in modi a cui non sono abituate e per le quali non sono preparate. Non è un caso che vi siano resistenze.

In effetti, lo smart working non è solo un’evoluzione del modo di lavorare. È una modalità di lavoro completamente differente. È un salto, che richiede alle persone di adottare approcci e mindset idonei e coerenti.

Collaboratore, manager, professionista hanno le potenzialità per poter adottare logiche di smart working  influenzando positivamente i risultati aziendali. È utile che queste potenzialità vengano coltivate e rese progressivamente “concrete” attraverso un lavoro di preparazione.

Non si tratta solo di formazione, ma di un’“esperienza accelerata” di apprendimento.

Un paradigma nuovo e due parole chiave

Passare o rafforzare un paradigma di lavoro agile richiede di intervenire su due variabili fondamentali per il manager, il professionista o il collaboratore: responsabilità e consapevolezza.

Responsabilità

Con riferimento al tema “responsabilità” diventa fondamentale che le persone lavorino sull’acquisizione di maggiore responsabilità.

Nel lavoro agile, da un lato abbiamo la riduzione del controllo tradizionale grazie ad una maggiore fiducia (dal lato dell’azienda), dall’altro il lavoratore dovrà avere maggiore responsabilità, relativa ai propri obiettivi.

Lavorare per obiettivi richiede maggiore responsabilità.

La gestione di maggiore responsabilità è di fatto una competenza che si può allenare, ma che non si acquisisce da un giorno all’altro, per il semplice fatto di dichiarare che “da domani” si adotta lo smart working.

Consapevolezza

Il tema della consapevolezza è altrettanto decisivo. Ad esempio, è importante aumentare la consapevolezza sul ruolo del proprio lavoro, su cosa significa il proprio lavoro, su quale impatto hanno le proprie attività sul sistema aziendale o sul “sistema” di clienti, prospect, partner con cui normalmente si interagisce.

L’area della consapevolezza è particolarmente importante poiché spesso le azioni e le abitudini messe in campo dal professionista sono diventate così consolidate da perdere di vista il “perché” esistono certe abitudini. Pertanto ogni cambiamento che si rende necessario in certe situazioni può trasformarsi in un ostacolo quasi insormontabile.

L’importanza delle potenzialità individuali nello smart working

Sia il tema della responsabilità che della consapevolezza sono fondamentali in un percorso di coaching efficace, che diventa pertanto uno strumento ottimale per accompagnare le persone verso la realizzazione positiva dello smart working.

In effetti responsabilità e consapevolezza sono aspetti che consentono all’individuo di esprimere meglio le proprie potenzialità individuali, che sono alla base di uno smart working di successo.

Un coach, grazie a metodi adatti, può aiutare il cliente a identificare le aree in cui avverte maggiormente la differenza tra i propri comportamenti abituali e ciò che è necessario nella nuova situazione, per poter essere efficaci.

Il coach può inoltre aiutare a mettere in atto comportamenti nati da un nuovo “equilibrio” tra queste nuove azioni, da un lato, e l’autenticità dall’altro.

Può anche aiutare a perseverare quando ci sono delle fasi più complicate, ad esempio quando si prova ad uscire dalla propria comfort zone. E questo, molto probabilmente, prima o poi accadrà.

Ogni cambiamento, incluso quello verso lo smart working, richiede impegno, determinazione e un percorso progettato. Ma è un cambiamento conseguibile con efficacia, soprattutto con gli strumenti di supporto adatti.

Written by Danilo · Categorized: Business Coaching · Tagged: Leadership, Sviluppo

Gen 12 2018

Nuove tecnologie e persone: il ruolo di una cultura di Coaching

Una cultura di Coaching in azienda conduce all’espressione delle potenzialità professionali, della creatività, delle risorse di manager e collaboratori. È una cultura ormai essenziale di fronte alle crescente diffusione delle tecnologie digitali sui luoghi di lavoro. Una cultura di coaching diventa così un terreno fondamentale sul quale le aziende possono basare l’introduzione di tecnologie e generare innovazione: in questo modo la soddisfazione dei singoli manager e collaboratori può andare di pari passo con risultati e marginalità aziendali positive.

Una cultura di Coaching non nasce da sola, ma si basa su alcune caratteristiche ed è ispirata ad un certo approccio strategico all’introduzione delle tecnologie.

Le nuove tecnologie sul luogo di lavoro

Le nuove tecnologie sono sempre più diffuse: Big Data, sistemi di supporto alle decisioni potenziati dall’Intelligenza Artificiale, nuove modalità di lavoro a distanza e così via. Queste tecnologie promettono di facilitare, automatizzare e accelerare numerosi compiti e attività. In questo modo può aumentare la capacità delle aziende di rispondere ai cambiamenti di mercato e introdurre innovazioni di valore.

Cultura di Coaching e nuove tecnologie: dall’esecuzione di compiti ad un’esperienza professionale

Un aspetto interessante di queste nuove tecnologie è il fatto che possono consentire di modificare e trasformare la semplice esecuzione di compiti, spesso ripetitivi, da parte di un collaboratore in una vera e propria “esperienza” professionale. Esperienza caratterizzata dal fatto che il potenziale individuale può prosperare in essa e attraverso di essa. Perché ciò avvenga è tuttavia importante un’evoluzione nel modo in cui manager e collaboratori si approcciano al lavoro e affrontano compiti e responsabilità.

Le tecnologie offrono nuove opzioni, aumentano dati a disposizione, generano nuovi modi per raggiungere gli obiettivi aziendali. È necessario creare una cultura aziendale adatta, integrata con le tecnologie, in grado di ispirare i collaboratori a modificare o ripensare attivamente il modo in cui contribuiscono e ad attingere appieno alle proprie risorse creative.

Una cultura intangibile ma percepibile, che renda più semplice la possibilità per le persone di entrare in contatto e far leva sulle proprie risorse distintive, in modo che il proprio potenziale possa esprimersi. Una cultura di coaching che facilità la crescita della consapevolezza delle proprie abilità e potenzialità, allo stesso passo di quello delle nuove tecnologie.

Si tratta di una cultura che presenta alcune caratteristiche, quali la fiducia diffusa, espressa tangibilmente dai comportamenti dei leader aziendali, l’orientamento alla sperimentazione e all’apprendimento.

cultura di coaching

Un approccio strategico all’adozione delle tecnologie

Creare sinergie tra le nuove tecnologie e una cultura di coaching aziendale richiede un approccio strategico all’adozione delle nuove tecnologie. Richiede una strategia che metta al centro le persone, basata sulla fiducia nelle loro potenzialità, nella loro capacità di affrontare la crescente incertezza dei mercati. Capacità che conducono ad un appropriato empowerment, orientamento al rischio e generazione di innovazione.

In questo modo, le aziende possono divenire un terreno fertile per l’espressione delle potenzialità professionali, in modo da portare a performance e risultati oltre le aspettative.

Questo articolo è una sintesi dell’articolo pubblicato integralmente in lingua inglese su Coaching World da parte di International Coach Federation nel Gennaio 2018.

Immagine: Rawpixel.com/bigstock

Written by Danilo · Categorized: Business Coaching · Tagged: Big Data, Decision Making, Leadership, Nuove Tecnologie

Set 05 2017

Leadership e Comunicazione Efficace: cosa fare?

È essenziale per i leader attuali e del futuro rafforzare le proprie abilità di comunicazione. Leadership e comunicazione efficace sono due aspetti strettamente collegati, quasi due facce della stessa medaglia.

Importanza della comunicazione efficace per il leader

La comunicazione in pubblico gioca un ruolo fondamentale nella qualità e nell’impatto della leadership.

Una comunicazione efficace è il collante affinché i collaboratori possano percepire con chiarezza​ la visione che permea le attività aziendali e fa in modo che i singoli e il gruppo siano ispirati in modo coerente. È lo “strumento” attraverso cui il collaboratore può entrare nel mondo di cui il leader ha visione. È il mezzo per poter tangibilmente sentire di esserne parte, protagonisti nel costruirlo.

Anche in questo modo, ad esempio, una comunicazione efficace consente al leader di rimanere connesso al sistema che guida, mentre ci si muove verso il raggiungimento degli obiettivi.

Inoltre, una comunicazione efficace facilita​ in modo deciso l’espressione delle potenzialità​ dei collaboratori, a livello individuale e di team, piuttosto che l’esecuzione efficace dei propri compiti “standard”: la comunicazione sarà pertanto forgiata da elementi quali l’ascolto e la motivazione dei propri collaboratori. In questo modo aumenta il grado di coinvolgimento, soddisfazione e qualità del lavoro di ciascuno.

Comunicazione efficace per una leadership trasformativa

I mercati attuali sono in costante trasformazione e richiedono leader in grado di guidare e imprimere trasformazioni.

Un leader trasformativo adotterà una comunicazione trasformativa.

Una comunicazione in grado di sostenere efficacemente​ il modo con cui i propri collaboratori affrontano le sfide. Ancora, una comunicazione che invita i propri collaboratori ad accedere alle proprie potenzialità più caratteristiche.

La comunicazione avrà alcune caratteristiche:

  • frequente​, in grado di accompagnare i collaboratori in un percorso senza soluzione di continuità
  • aperta​, in grado di condividere successi e “fallimenti”
  • pervasiva,​ in grado di raggiungere l’organizzazione in modo diffuso, affinché ciascuno possa essere chiaramente parte di un sistema che viaggia in una determinata direzione
  • che valorizza le​ differenze​, i punti di vista e le situazioni in cui si trovano di volta in volta i collaboratori.

leadership e comunicazione

Leadership e comunicazione: creare un ponte tra conoscenza e azione

È necessario ispirare​ i collaboratori, creando un ponte tra conoscenza e possibilità di azione. Grazie ad una comunicazione efficace, il leader infonde consapevolezza del ruolo di ciascuno, fiducia nel proprio impatto e desiderio di azione.

Leggi l’articolo completo, pubblicato su Copernico Magazine.

Foto: alenast/bigstock.com

Written by Danilo · Categorized: Comunicazione Efficace · Tagged: Executive Development, Leadership, Tecniche Comunicazione

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